THE MARS VOLTA ITALIA forum: "In Thirteen Seconds"

Recensioni, De-loused In The Comatorium

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Walkabout
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 20:11




ok, adesso una cosa facile facile che possono fare tutti:

www.google.it

cercare "de-loused in the comatorium"

e postare le recensioni, magari anche solo i link, poi ci penso io a sistemarle.
 
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sTeX87
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 20:41




le prime che ho trovato :D

ci pensi tu ora, vero?? :P

scherzo...le ho lette velocemente...se serve un breve commento per ognuna fammi sapere :)

EDIT: Grazie mille :)

Edited by Walkabout - 5/7/2006, 22:56
 
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Walkabout
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 21:02




Ondarock



CITAZIONE
Prima di iniziare a parlare nello specifico di "De-Loused In The Comatorium", è bene fare una piccola premessa storica riguardante i membri di questa band, nello specifico Cedric Blixer e Omar Rodriguez: fondatori assieme a Jim Ward degli At The Drive-In, formazione che negli anni Novanta è stata capace di coniugare emo, hardcore e rock, in una soluzione di grande valore. Soluzione che raggiunse il suo apice nello splendido "Relationship Of Command".
Dalla disgregazione degli At The Drive-In nel 2001 nascono gli Sparta di Jim Ward, Hajjar e Hinojos e i Mars Volta di Blixer e Rodriguez. Non mi perderò in inutili paragoni tra le due band, fin troppo differenti perché siano equiparate.
Veniamo dunque al disco in questione. "De-Loused In The Comatorium" esce nel 2003 come primo Lp dei Mars Volta, e colpisce diretto alle orecchie. Una breve introduzione ci porta subito nel vivo dell'album, "Inertiatic Esp" attacca l'ascoltatore con una grandissima spinta ritmica, un furore hardcore che si unisce con la voce di Blixer intenta a stendere melodie sopra questa energica furia. Furia che si affievolisce verso lidi più psichedelici e sognanti ma sempre irrequieti, lasciando intravedere le prime derive extra hardcore che allontanano i Mars Volta dal loro passato, per poi riesplodere e finalmente adagiarsi in un outro crepuscolare che conduce verso la successiva "Roulette Dares".
È probabilmente questo il pezzo più significativo dell'album, la summa di tutte le influenze musicali della band condensate in un pezzo di sette minuti che unisce hardcore, ritmi latini, psichedelica e venature progressive, Blixer con il suo particolare timbro di voce urla tutto il suo dolore trasmettendo una forte sensazione di disagio, oppure culla l'ascoltatore in ambientazioni più notturne, la chitarra di Rodriguez si produce in crescendo sonici o in dolci melodie supportata da una sezione ritmica (Theodore e Alderete) tanto indiavolata quanto precisa e delicata, capace di dipingere scenari paranoici grazie anche ad un lavoro eccelso di Owens alle tastiere.

"Tira Me A Las Ananas" è un breve espediente strumentale che ci porta a "Drunkship Of Lanterns", vero e proprio omaggio alle radici centro americane dei componenti del gruppo, ritmi e percussioni latine sapientemente fuse con accelerazioni hc danno prova di un buon eclettismo, purtroppo limitato da una struttura sempre uguale da canzone a canzone, che alla lunga può risultare noiosa e che rappresenta la più grande pecca di questo album.

Il dubbio infatti si instaura nelle orecchie di chi ascolta "De-Loused". Ci si chiede se i ragazzi, che danno frequentemente prova di ottime qualità musicali, non avessero potuto cercare soluzioni più eterogenee, contribuendo così a rendere migliore un album che già strutturato in questa maniera risulta molto interessante ma che insiste troppo sullo stesso modello.
Ma proseguiamo con il disco.

Al numero sette ci si presenta il brano più lungo dell'album, "Cicatriz Esp" (12' 28"), bellissima dilatazione di tutte le idee del gruppo, ogni influenza ha il suo giusto spazio. Viene lasciata libera la vena progressiva\psichedelica che attraversa tutto l'album, e che nel corpo centrale della canzone viene sublimata splendidamente, senza cadere in cliché fin troppo abusati, mantenendo sempre in tensione l'ascoltatore anche quando il suono si riduce a semplice sospiro di suoni elettronici e strumenti nascosti sotto montagne di effetti, per tornare poi verso le proprie origini: la batteria disegna gli spazi infiniti del Messico, la chitarra e le tastiere ne dipingono la malinconia, che traspare per tutta la durata del disco, e che qui viene suggellata in una jam che sembra incisa in totale trance. Poi d'improvviso torna la voce di Cedric e ci conduce al termine di questa splendida canzone.

Volge quindi al termine l'album, e nel trittico finale si fa notare la dolce "Televators": ballata che cresce tra intrecci di tastiere, chitarra e percussioni latine che stendono una morbida base sonora che raggiunge il suo climax nel finale della canzone.

"De-Loused In The Comatorium" è in definitiva un buon album, ricco di idee e divertente, ma rimane poco compiuto. Vengono mostrate notevoli intuizioni che però restano colpevolmente sospese. Aspettiamo la seconda prova.

Recensione di Alberto Guidetti

6,5/10



Edited by Walkabout - 6/7/2006, 00:00
 
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Walkabout
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 21:55




Munnezza.it


http://www.munnezza.it/trlist-marsvolta.htm



CITAZIONE
A due anni abbondanti dallo split degli immensi At The Drive-In, arriva l'esordio su lungo formato anche per il duo Omar Alfredo Rodriguez-Lopez e Cedric Bixler Zavala, ora fondatori e principali protagonisti del progetto Mars Volta (Jon Theodore batteria, Juan Alderete basso, Isaiah Owens tastiere, completano la line-up). E se i loro ex-compagni d'avventura hanno dato vita agli Sparta mantenendo una certa continuità artistica con la precedente band, i Mars Volta cercano di spiazzare l'ascoltatore immergendosi nello spirito più malato dei 70's.
L'ep "Tremulant" ci aveva presentato un gruppo col gusto dell'elettronica e con un Cedric Zavala ancora volenteroso nell'innestare qualche melodia in mezzo alla tempesta sonora. Con "De-Loused In The Comatorium" la rottura col passato sembra ancor più netta.
Son et lumiere introduce con atmosfera cupa Inertiatic ESP, una brillante sfuriata destinata a fine album a restare la canzone più normale del lotto. Perché per tutto il resto del disco i Mars Volta saturano i brani con assolo di chitarre, cadenze irregolari, ritmi (che sembrano) casuali, lamenti vocali alternati ad attacchi d'isteria. I sette minuti e mezzo di Roulette dares possono rendere bene l'idea, Cedric sembra correggere il tono della voce per essere meno orecchiabile possibile. Altri sette minuti dura l'irrequieta Drunkship of lanterns dove l'attitudine prog-rock del gruppo è evidente, così come in Eriatarka, col suo inevitabile finale in crescendo. Cicatriz ESP di minuti ne dura addirittura dodici, durante i quali succede un po' di tutto: il rumore di un elicottero, tre contemporanei assolo di chitarra, continui loop che ricordano gli ultimi Radiohead. Forse il capolavoro dell'album. La creatività dei Mars Volta subisce comunque una brusca frenata con This apparatus must be unearthed, un brano che sembra capitato qui per caso, e in misura minore con la posata Televators. Chiude Take the veil cerpin taxt, con bongo e finale fragoroso.
I Mars Volta hanno scritto un album coraggioso, molto lontano da quello che il pubblico e il mercato del 2003 pretende. Volendo trovare un referente attuale potrebbero essere accostati ai Cave In dell'ultimo "Antenna", con la differenza che dove questi ultimi rompono le ritmiche prog per aprirsi in ritornelli che nobilitano il disco, i Mars Volta stonano volutamente e smontano il puzzle da capo. "De-Loused In The Comatorium" affascina nelle atmosfere e nel mirabile sfoggio di tecnica e in sostanza intrattiene l'ascoltatore senza mai divertirlo, un raro pregio ma anche il limite stesso del disco perché non so quanti consumeranno questo album senza soluzione di continuità. No, non abbiamo di certo di fronte una scatola vuota, perché i Mars Volta non perdono di vista la sostanza e il loro approccio è più rock che mai. Il loro artificio è corollario, non contenuto. Solo che ogni tanto sembrano più preoccupati di sbattere la porta in faccia a un certo pubblico, che di ottenere il risultato migliore.
Io sono convinto che c'è da aspettarsi il meglio da simili fuoriclasse, e venuta meno l'esigenza di tagliare i ponti col passato e di re-inventarsi una carriera irreprensibile ai loro occhi, i Mars Volta si mostreranno in tutta la loro potenzialità.

Voto: 3/5



Edited by Walkabout - 5/7/2006, 23:42
 
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Sandoz
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:05




SentireAscoltare


http://www.sentireascoltare.com/CriticaMus.../mars-volta.htm



CITAZIONE
di Massimo Padalino
Dopo i De Facto, tocca ai Mars Volta. Omar Rodriguez, chitarra, e Cedric Bixler, vocalist, si sono ormai lasciati alle spalle l’esperienza At The Drive In. Poco o nulla questo De-loused In The Comatorium somiglia ai dischi di quelli. Qui si avverte, anzi, una commistione emo-tiva del moderno hard rock con elementi stilistici diversi.

Inertiac, per iniziare, è forse il solo pezzo contenuto nell’album a potersi dire una (bella) canzone. Regolare e tutto. Il resto, dalle aperture dub e hard in Roulette Dares, dove ad ogni spasmo romantico corrisponde un equivalente e contrario strappo maniacale, non fa altro che porre in evidenza le doti canore di Cedric (ottimo cantante).

Ma la sorpresa vera del pezzo è la sua chiusa, una fantastica e piroettante fusione di hard psichedelia e prog rock. A rubargli la scena c’è però il capolavoro Drunkship of Lanterns: funky, tropicalismo, emocore in perfetta comunità d’intenti, e in dosi variabili.

Il sentimento ‘prog’ di tutti questi pezzi è, pertanto, ravvisabile dall’abilità dei nostri nel non mostrare mai e poi mai il volto d’un genere se non al cospetto di quello di un altro genere, in modo nulla dispettoso, spesso virtuosistico e sempre trascinante. La stessa Drunkship of Lanterns, in tal senso, si frantuma continuamente nelle abilità strumentali del combo. E ne acquista, per contro e paradossalmente, coesione. Ancora imbevute di "segni" prog e emo sono Eriatarka e, soprattutto, la conclusiva, lunga, Take the Veil Cerpin Taxt. Ascoltare questo cd senza pregiudizi, verso chi lo suona e verso le combinazioni musicali realizzate, significa aprirsi ad un prodotto discografico major non "innovativo" tout court ma certamente "originale", significativo.

I Mars Volta non sono dei "superdotati", è vero, hanno però talento….

(7.0/10)

 
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Walkabout
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:12





Scaruffi


http://www.scaruffi.com/vol5/atthedri.html#del



CITAZIONE
De-loused In The Comatorium (Universal, 2003), ospite Flea al basso, è un lavoro ambizioso e creativo, realizzato da musicisti ambiziosi e creativi, che reinventa il prog-rock per la generazione post-emo.
L'unica traccia che suona come il prog-rock classico è Eriatarka (6:20), ma anche le lunghe escursioni Take the Veil Cerpin Taxt (8:41) e Cicatriz Esp (12:28) devono qualcosa al genere. D'altro lato, le strutture collagistiche e le dinamiche casuali di Roulette Dares (7:30) sono tipiche della prassi disorientante dei Mars Volta, delle loro canzoni che sempre sembrano dover sfuggire dal controllo. Probabilmente lo zenith dell'album è nella caotica e virtuosa Drunkship of Lanterns (7:05), e nei tre simultanei assolo di chitarra di Cicatriz ESP (con John Frusciante alla terza chitarra). L'unica canzone regolare è Inertiatic ESP, strappata da spasmi punk.

 
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Sandoz
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:17




Winnicott


http://www.winnicott.it/blog/index.php/the...omatorium-2003/



CITAZIONE
Di solito c’è da diffidare sempre e comunque quando ai nostri tempi ci si presenta davanti un presunto “capolavoro”. Oramai si grida al miracolo ogni cinque minuti, l’industria discografica ha bisogno di sfornare almeno 50 masterpieces all’anno ed i giovani hanno bisogno sempre di sangue nuovo per poter sentirsi un po’ più vivi. Sommate le due cose e ci renderemo conto che nella musica rock i trionfalismi sono all’ordine del giorno.

Fatta questa lunga promessa (che è d’obbligo), ci troviamo davanti ad un Capolavoro.

Non uno dei nostri tempi o del suo genere: ci troviamo davanti a quello che è uno dei dischi migliori della Storia della musica.

Lasciata la formazione degli At The Drive-In, Cedric Bixler e Omar Rodriguez formano questo nuovo gruppo che fonde in sè diversi tipi di rock, quello psichedelico, quello hardcore, quello progressive, con tanto di influenze funk.

Il lavoro che viene fuori da questo meltin pot sonoro è chiamato De-Loused In The Comatorium, ispirato (come da libretto) alla vita di Julio Venegas (poeta maledetto morto suicida), abbandonato in un coma profondo, che si ritrova a viaggiare nel tempo e nello spazio delle sue istanze intrapsichiche più recondite. Nemmeno si può parlare di subconscious work, ma di vero e proprio viaggio ai confini della realtà e dell’immaginazione in un universo parallelo nel quale si vive incapsulati in una palla di vetro e ferro ed avvolti in liquido amniotico. Come frutto di un esperimento da Matrix ci si trova ricoperti di una strana bava trasparente ed immessi in un’atmosfera meccanica ed inumana.

Mentre la voce di Cedric si libra in aria con tutta la sua forza, batteria e chitarra percorrono viaggi paralleli, non si sa quando e se arriveranno, si sa solo che il nostro destino dipende unicamente da loro. Non hanno il compito di portarci da nessuna parte, sta a noi la scelta (che poi scelta non è) di seguirli ed affidarci completamente nelle loro mani.

Il viaggio è lungo ad anche quando si concede qualche sosta lo fa solo in previsione di ostacoli e muri ancora più grossi e più difficili da superare. Il disco sussume in un unica sessione tutto ciò che si è potuto creare in musica dagli anni settanta ad oggi. E’ un saggio romanzato di un’intera generazione di musica.

Ho sempre pensato che la perfezione in musica sia una stupidaggine, che non potesse esistere niente di assolutamente ed ineccepibilmente rotondo, qualcosa che riuscisse a sintetizzare nella maniera più precisa ed impeccabile possibile l’afflato dell’anima con le ragioni del corpo.
Ebbene, forse mi sbagliavo.

Leggendario!

Valore:
9,70 €

 
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Walkabout
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:19




Emotional Breakdown


http://www.emotionalbreakdown.com/recensioni.asp?id=202



CITAZIONE
Dopo un EP (“Tremulant”) prodotto dalla loro etichetta indipendente, la cellula maligna staccatasi dagli At The Drive In e composta da Cedric Zavala e Omar Rodriguez Lopez

crea i Mars Volta, coltivando l’ambizioso progetto di debuttare con un album magnifico.

Detto fatto: “De Loused In The Comatorium” esce il 24 giugno del 2003 prodotto da Rick Rubin e attraversato da alcuni lampi collaborativi a dir poco esaltanti da parte di Flea e di John Frusciante, entrambe amici di vecchia data dei Volta.

L’album è in realtà un Concept incentrato sulla storia scritta da Cedric Zavala dove il personaggio principale, Julio Venegas, eccentrico artista di El Paso, Texas, (morto realmente suicida nel 1996) decide di suicidarsi iniettandosi una massiccia dose di morfina. Julio cade in coma per una settimana, attraversando fantastiche avventure, visitando paesaggi assurdi e incontrando gli aspetti più oscuri e profondi del suo stesso io. Dopo alcuni giorni riemerge dal “sonno”, ma nella storia musicale scritta dal cantante, pur essendo ritornato in vita, sceglie nuovamente la morte. Ogni traccia esamina un aspetto della vicenda, toccando le corde della tristezza ma anche spesso quelle della rabbia, dell’odio, della ribellione contro un mondo fatto di sola apparenza e disprezzo. Dentro le note psichedeliche suonate dal gruppo (“Televators”) si aggirano folletti, animali della giungla e un energia rock molto datata, che porta la mente direttamente dentro la rilettura futuristica della musica di Jimmy Page e Robert Plant e la voce di Cedric, prettamente hard rock, raggiunge la sua resa migliore, stranamente non negli acuti e nelle urla lancinanti, ma nelle canzoni più lente e nei momenti più soft. Un viaggio progressive che annebbia la mente. Sembra di sentire il lamento e la “sperimentazione chitarristica” di Matt Bellamy, con in aggiunta un aiuto dalle tastiere e da alcuni loop eletrronici che rendono l’album davvero intrigante.

“Cicatriz Esp” coglie, nei suoi labirintici 12 minuti (!), il migliore John Frusciante: una discesa all’inferno e ritorno. Il disco non è sicuramente…leggero. Andrebbe ascoltato con la calma e con tutte le intenzioni. Cioè saranno rare le giornate, magari di domenica mattina, che direte “Ma sì…oggi vada per i Mars Volta” (questo per alcune atmosfere, fraseggi, idee, che dalla psichedelia passano al puro auto-compiacimento sonoro e si protraggono a lungo). Sicuramente, però, è un opera che oltre a raccontare la storia onirica di un anima vagante può raccontare benissimo anche le vostre emozioni quotidiane, fatte di delusioni, gioie e noia.

Anche solo questo credo che basti a convincere.

giov

 
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Sandoz
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:21




MusicBoom.it


http://www.musicboom.it/mostra_recensioni....=20031219142628



CITAZIONE
Life on Mars!
di
Alessandro Bertolotti

La ragione per la quale De-Loused in the comatorium dei Mars Volta finirà col campeggiare in cima alle playlist musicali di mezzo mondo, è la sua imprevedibilità.
La stessa imprevedibilità che deve aver colto chiunque si è accostato per la prima volta al disco in questione, credendo di trovarsi di fronte ad un prodotto in linea con la precedente esperienza dei due leaders, quegli At The Drive In dei quali il cantante Cedric Bixler e il chitarrista Omar Rodriguez erano il faro.
Ora che quell’esperienza si è conclusa, generando due nuovi progetti gli Sparta (di Jim Ward, Hajjar e Hinous) da un lato e appunto i Mars Volta dall’altro, sorge l’indelicata necessità di designare quale dei due sia il più meritorio di elogi, dopo un così inaspettato cambio di rotta (gli At The Drive In erano infatti considerati “the next big thing” da buona parte della stampa musicale di solo pochissimi anni fa).
Il sottoscritto parteggia per i Mars Volta, ma ammette che l’infatuazione per questa band non è certo stata immediata, forse per le ragioni elencate in precedenza ma anche per alcuni fastidiosi interrogativi sorti al momento degli ascolti preliminari.
Anzitutto quella preoccupante sensazione di Progressive che avanza traccia dopo traccia.
In un momento in cui White Stripes, Kings of Leon, Yeah Yeah Yeahs ed altri mi gridano nelle orecchie la loro urgenza, non so se mi va di ascoltarmi lunghe suites come Cicatriz esp, che per giunta sfocia in una parodia(?) di Soul Sacrifice di Santana.
Poi la voce di Cedric, appoggiata su simili eclettismi mi riporta da un lato agli Yes (ma non li avevano resuscitati abbastanza i Motorpsycho?) e cosa molto più preoccupante i Muse e i System of a Down.
Perciò meglio dire in giro che sono preferibili gli Sparta (che non stanno neanche con una major) e non vantano certo ospiti come Flea e Frusciante dei Red Hot Chili Peppers.
Ma intanto rimetto il cd nel lettore perché non mi va di sentire qualcosa di troppo ovvio e mi colpiscono il furore e le accelerazioni di Eriatarka, la melodia e le percussioni di Televators.
Dopo il terzo ascolto completo mi convinco che con gli Sparta, non c’è proprio gara.
I Mars Volta infatti risultano longevi e contagiosi, ti spingono a ricercare il particolare nella trama sonora da loro intessuta e ti sorprendono con melodie difficili e richiami al passato che sanno di riverenza e rilettura allo stesso tempo (come il finale alla Santana citato in precedenza).
Esattamente come da anni fanno i Motorpsycho, con la differenza che quanto assemblato dalla band di Trondheim è sempre calibrato e filtrato attraverso una struttura ben riconoscibile, mentre le partiture composte da questi giovani americani risultano altrettanto stratificate ma montate in maniera più sghemba, con le singole idee che sembrano emergere dal nulla, come uno spasmo (e chi ha visto in azione Cedric e Omar sa che sul palco i due danno l'impressione di assecondare con il proprio corpo il fluire della loro musica).
Siccome i paragoni possono risultare fuorvianti quando la carne al fuoco è tanta, dopo ripetuti ascolti ho smesso di accostare i Mars Volta a questa o quella band e mi sono concentrato sul lavoro complessivo che si presenta come un concept (ancora un richiamo al progressive più obsoleto che viene abilmente evitato).
Il brano di apertura, nonché singolo Son et lumiere-Inertiatic Esp è composto da un febbrile rincorrersi di melodie sotterranee create dalla tastiera, taglienti bordate di chitarra e un cantato tra l’onirico e il delirante.
La noia è bandita anche nelle seguenti tracce : la tribale Roulette dares sterza ogni volta che il discorso musicale sembra avviarsi verso l’epico e il pomposo, ma lo stesso concetto è ribadito ed approfondito nel pezzo successivo (Drunkship of lanterns), ricco di esplosioni chitarristiche e di devianze che paiono riprendere la lezione della Magic Band di Capitain Beefheart. Infine i 12 minuti e 31 secondi di Cicatriz Esp non fanno così paura una volta che li si è ascoltati per intero, perché in fondo suonano come l’episodio classico dell’album.
Gran parte del quale dà l’impressione di essere stato composto in uno stato di trance.
L’organico della band, che oltre a Cedric e Omar comprende il batterista Jon Theodore, il bassista Juan Alderete e il tastierista Isaiah Owens , è stato recentemente funestato dalla scomparsa del “manipolatore di suoni” Jeremy Micheal Ward, morto di Overdose.
Dubito che questo avvenimento contribuirà ad elevare la curiosità sulla band o a farli entrare nell’olimpo del rock che conta (se ancora ne esiste uno).
Per questo basta la musica.
Voto: 4,5/5

 
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Walkabout
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:23




Debaser


http://www.debaser.it/recensionidb/ID_3366..._Comatorium.htm



CITAZIONE
I Mars Volta sono senza dubbio una delle piú grandi novità dell'attuale panorama Rock mondiale.
Attuale? Beh, mica tanto… Eh sí, perché i nostri non sono nient'altro che ciò che resta degli At The Drive In, riformatisi in un nuovo e affascinante progetto che, dopo l'EP "Tremulant", ci regala, nel 2003, il suo album d'esordio, "De-Loused In The Comatorium".

Il Sound dei Mars Volta è molto variegato: il gruppo, infatti, spazia dal Post-Hardcore melodico al Noise, passando per momenti di Space-Rock, Progressive e neo-psichedelia, il tutto rimescolato in un grande calderone e filtrato dall'ottica personalissima di Zavala & Co. Il risultato è un album bellissimo, originale e innovativo, che proietta fin da subito i Mars Volta nell'olimpo del Rock.
Difficile resistere, infatti, alla velocità supersonica di "Inertiatic ESP", alle percussioni e al basso pulsante di "Drunkship Of The Lanterns", alle improvvise accelerazioni della magnifica "Eriatarka", ai 12 minuti di "Cicatriz ESP" e all'atmosfera sognante di "Televators", pezzo lento ed intenso tratto subito come singolo insieme alla già citata "Inertiatic ESP".

Del disco è presente anche una seconda versione, precisamente la UK Version, contenente la Bonus Track "Ambuletz", che non fa altro che aggiungere ulteriore valore ad un disco di per sé quasi perfetto.
Complimenti ai Mars Volta, quindi, per averci regalato uno dei piú bei dischi del 2003, un disco che, oltre che confermare le buone premesse dell'EP precedente, ha il grande merito di spaziare tra atmosfere diverse senza perdere compattezza.

Ora non resta che ricevere la conferma con il loro secondo album, in uscita a fine 2004, sperando di trovarci davanti ad un nuovo "De-Loused In The Comatorium". Mitici.

Recensione Di Zion
Voto: 4/5

 
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Sandoz
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:24




Taxi Driver



CITAZIONE
Per studiare questo album ci vorrebbero mesi e mesi. Ricco di dettagli, mai superflui e fini a se stessi, in una canzone (durata media 8 minuti) i Mars Volta sono capaci di mescolare stili e ispirazioni, generi e band, rimanendo sempre e comunque fedeli a se stessi. Vi ricordo che il gruppo è nato dalle ceneri degli At The Drive-In, band post-hardcore di ispirazione Fugazi e RATM. Il sound del disco (che molto probabilmente non vuol dire "il sound della band") vi catapulterà in un mondo parallelo, dove Syd Barret e Ian McKaye si incontrano per jammare con gli U2, i Red Hot Chili Peppers (il basso è di sua immensità Flea) e i Led Zeppelin. Per darvi un'idea, cercate di immaginarvi come sarebbero i Pink Floyd (periodo "Piper") se fossero nati adesso e avessero ascoltato tutto il meglio dell'hardcore americano anni 80. Lunghi trip psichedelici, potenza devastante, deliri sonici e un sacco di melodia. Per me potrebbe diventare uno dei dischi più importanti degli ultimi anni.

[Dale P.]

Voto: 5/5

 
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Walkabout
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:26




Impatto Sonoro


http://www.impattosonoro.it/recensione-mar...matorium-27.php



CITAZIONE
Proprio quando si cominciavano a segnalare gli At The Drive-In come nuova realtà della scena musicale, il gruppo si sciolse e nacquero, da una parte, gli Sparta, mentre Cedrc Blixer (voce) e Omar Rodriguez (chitarra) diedero vita ai Mars Volta, con sonorità del gruppo originale e contemporaneamente con prospettive musicali ampliate.
L'album è un concept che ruota intorno ad un loro amico che, suicidandosi, prima di morire, entrò in coma (e pensare che proprio uno dei componenti del gruppo, il manipolatore del suono Jeremy "The Boardman" Ward è stato trovato senza vita il 25 maggio a Los Angeles poco prima dell'uscita del disco...triste coincidenza).
L'etereo intro, Son Et Lumiere, sfocia come un fiume in piena in Inertiatic Esp che risalta subito la caratteristica principale del gruppo: nervosi inizi seguiti da relativa calma per poi irrompere nuovamente con psicadelici assolo di chitarra. La devastante Roulette Dares (This Is The Haunt), infatti, alterna lento e veloce, raffinato e furioso.
Seguono Drunkship Of Lanterns, con atipiche percussioni e velocissimi tocchi di chitarra quasi jazz, e Eriatarka, che inizia con atmosfere rilassate per poi alternare di nuovo stoppate e accelerazioni.
In Televators la chitarra diventa acustica costruendo con l'aiuto dell'elettronica una ballata dal pathos che lascia il segno.
Ma è con Cicatriz Esp che il gruppo si supera: 12 minuti di futuro del rock che non si usavano più dagli anni '70. Chitarra latina, psicadelia alla Pink Floyd, suoni progressive, ambient, per concludersi con un finale santaneggiante (del Santana di Abraxas, però).
L'album si conclude con Take The Veil Cerpin Taxt che lascia spazio all'improvvisazione giungendo, a tratti, alla "confusione", se non fosse che i membri riescono ad amalgamare il prorpio strumento con quello degli altri in maniera impeccabile anche volendo, ognuno, esprimere qualcosa di personale.
Dopo la morte di Jeremy Ward il futuro dei Mars Volta è incerto...speriamo di non dover perdere, dopo gli At The Drive-In, anche loro, grandi musicisti tanto legati alla tradizione quanto proiettati verso confini inesplorati.

VOTO: 8

Angelo Colabattista

Che cosa vi siete persi … part II

In certe occasioni, non suona nè blasfemo nè iperbolico parlare di resurrezioni: generi, anzichè contaminarsi, finiscono con l'imbastardirsi, la diffusione di sonorità prettamente elitarie genera filiazioni illegittime, se non infamanti, ed infine, dopo che il midollo è stato aspirato avidamente con una cannuccia, qualsiasi manifestazione cessa di presentarsi, lasciando una guaina inerte e dal seno materno, ormai cartaceo ed appassito, solo appena riconoscibile come passata sorgente.
Sfilano in rassegna cadaveri illustri, il goth, già di per sè poco vitale, vanta ora atmosfere prossime alla baracconata corvina (Evanescence, Linkin Park) distante emisferi dalle angosce scevre da compromesso di Bauhaus e Sisters of Mercy, insensibili al richiamo dell'estetica da fumetto; l'hip hop, immerso nell'autocompiacimento e nello sfoggio di bicipiti alla Fidia, ha appianato la funzionale suddivisione in generi e gerarchie a favore di una generica connotazione gangsta, priva di spunti di insurrezione o di autoironia.
Analogo coma ha avvolto l'Emo, chiave di volta dell'aggressività attraverso la musica, miscela di benzina pastosa vocale e di scintille strumentali lisergicamente rabbiose; l'avanguardia di Braid e Soulside stava assicurando un periodo di sostanziale protezione alla categoria. Poi le platee hanno cominciato ad ampliarsi ed a corrompersi...Da quel momento l'Emo è diventato di pubblico dominio, fino all'esaltazione generale ed alla pubblica incensazione, tanto da subordinare lo splendore cacofonico di "Burn, Piano Island, Burn" dei Blood Brothers all'ultima metamorfosi di tendenza dei nostrani Meganoidi, la cui estemporanea astuzia è stata scambiata per maturazione compositiva.
Ma un Golgota esiste solo in funzione del sepolcro: annunciata da un solidissimo EP, l'eruzione avviene senza mezzi termini, demolitiva e restauratrice al tempo stesso. Costola dei colossali At the Drive-in, firmatari dell'epico "Relationship of Command", i Mars Volta appaiono già circondati da una certa fiducia generale, si affacciano il minimo indispensabile al mainstream coinvolgendo Michael "Flea" Balzary e John Frusciante nell'organico, ed affrontano il rischio della non-esposizione con la scelta di non riversare in un unico, riduttivo videoclip i paradigmi sonori e visivi del progetto.
Da qui nasce il fulcro ideologico e strategico della band, il sostanziale imbarazzo della catalogazione o, in altri termini, l'impossibilità di azzardare paragoni fra l'intero macchinario con precedenti fenomeni culturali, se non con i primi anarchici King Crimson.
Ma se l'effetto sorpresa, nel giro di 35 anni, scema irrimediabilmente fino al cinismo, i cardini strutturali risultano genuinamente rinnovati: "Deloused in the Comatorium" è, prima di ogni definizione, un'esequia psichedelica mascherata da concept album, l'equivalente morale del ben più leggero "Wish You Were Here" floydiano, un'intraducibile processione cubista e dolente. Al posto di Tommy, di Arthur, di S.F. Sorrow, astratti emblemi di una generica umanità in preda al revisionismo post-sixties, il fulcro narrativo si sviluppa sulla concreta presenza di Julio Venegas, poeta texano collezionista di iperboli sensoriali, e sul suo altrettanto reale tentativo di suicidio: il vocalist Cedric Bixler ed il guitar-hero Omar Rodriguez-Lopez (entrambi ex-At the Drive in) tessono attorno allo stato comatoso dell'amico, conseguenza del suo atto inefficace, il suo effettivo vagabondaggio intimo attraverso la morte, fra allegorici incontri ed episodiche scelte di percorso.
Il viaggio è inaugurato dal phaser di "Son et Lumiere", fulminante riassunto generale, se non vera e propria ouverture tematica, fra una sestina vocale ancora sommessa ma già dissanguata in un cut-up a metà fra la chirurgia e l'esoterismo, e la messa in moto dell'intero apparato strumentale, contrappuntato dall'ipnosi tastieristica armoniosa e dalle promesse di detonazione delle percussioni; "Inertiatic ESP" è la sua imponente filiazione, un valzer distortissimo e chitarristicamente affilato, dove gli irreprensibili acuti di Bixler, di gran lunga lontani dallo stridore metal, colorano le sincopi con un'umanissima e disarmante fragilità, come solo Peter Gabriel era in grado di fare: la condizione di smarrimento logistico ed esistenziale è più volte ribadita dalle insistenti liriche squisitamente barocche (a broken arm of sewers set / past present and future tense / clipside of the pinkeye fountain), mentre il clima, quasi senza avvisaglie, cala gradualmente verso una nenia cacofonicamente distesa.
E' il preludio a "Roulette Dares", l'inizio del "vegetare limpido e spiroidale", uno dei picchi drammatici dell'opus, che si articola fra transitorie soluzione ritmiche, inarrestabili ed altalenanti, fra il vigore degli Zeppelin, da una parte, e gli Yes meno nervosi (inevitabile il paragone con il masterpiece "Heart of the Sunrise") dall'altra, evocati soprattutto nel passaggio fra le due sezioni, prossima a diventare un allucinogeno grido di battaglia (exoskeletal junction at the railroad delayed): nella traccia, vige il dualismo, la contraddizione, l'ambiguità del limbo in cui il protagonista viene a trovarsi, dove gli Iron Butterfly giocano con gli Slint a trovare il miglior senso di levitazione interiore; "Tira Me a las Arañas" è la fondamentale sospensione per riprendere fiato, un intreccio acustico-ambient necessariamente inutile, nello stesso ruolo di "Hunting Bears" dell'Amnesiac radioheadiano; "Drunkship of Lanterns" impreziosisce l'inserimento della "introduzione" e la concretizza: è, se vogliamo, l'apice dell'intero apparato, un monumentale affresco barocco e tribale, epilettico quanto basta per far presagire una coerenza globale di fondo. Che infatti non tarda ad arrivare. Durante la spietata contesa fra gli strumenti a corda, armati, a seconda del momento, di divagazioni dissonanti e di semplici, imponenti riempitivi, le bacchette di Jon Theodore (ex Golden) impongono più volte capovolgimenti ritmici repentini, culminanti nell'indecifrabile fraseggio del secondo minuto, accostabile soltanto ai più inquieti incubi zappiani del periodo synclavier.
L'ennesima conclusione in calando anticipa la tensione di "Eriatarka", gemella non casuale di "Roulette Dares": il tragitto è al suo "punto di non ritorno", ed è arrivato il momento della scelta: vivere o morire, il risveglio concreto o quello astratto? Figlia tanto del Rick Wakeman più misurato, quanto della Bjork più sperimentale (la voce di Bixler qui raggiunge picchi quasi androgini), è probabilmente la traccia strutturalmente più vicina al Prog-Rock primigenio, nonostante le evidenti infiltrazioni Fugazi, rintracciabili in quel basso così incerto fra la poderosità hardcore e la raffinatezza neoclassica; "Cicatriz ESP" è una jam quasi pittorica, artefatta nel suo obbligatorio compiacimento, nonchè la traccia più insolita del disco: i primi minuti, nemmeno a dirlo, sono ripartiti secondo l'ormai notoria struttura "preliminari-deflagrazione-catarsi", con l'intero organico lieto di cucire attorno alla trasparenza vocale un reticolo underground omogeneo. Ma l'apogeo, con una incoerenza lessicale da emicrania, è sancito dal canyon centrale, quei 6 minuti già epocali nei quali, complice una batteria quasi assenteista, si attorciglia un trittico di chitarre nella somma tradizione Space-Rock (evidentissima l'influenza dello "Space Ritual" degli Hawkwind), ognuna perfettamente a proprio agio con il proprio universo anarchico ed incontrollabile; "This Apparatus Must Be Unearthed" riunisce, pur in maniera molto libera, i colleghi Blood Brothers con i System of a Down, e nella sua brevità sancisce il momento definitivo della decisione (quella che il vero Julio non ha avuto) fra esistenza ed oblio, significativamente espressa da quella sezione in backwards, estremamente visionaria e concepibile come una seconda, essenziale nascita, che di fatto avviene, con la serena "Televators", esibita con uno sconfinato fade-in, simbolo del riavvicinamento alla fisicità del mondo.
Le corde sono perlopiù di innocuo nylon, questa volta, immerse in una malinconia velatissima, la batteria si trasforma in semplicissimi bongos minimali: è valsa la pena di sopravvivere? La serenità è davvero una chitarra spaccata in due, negli arpeggi e nei rari squarci overdrive? Non c'è un'esperienza salvifica, una chiave di volta, secondo i Mars Volta, che infatti, all'epilogo scontato, affiancano un'idea di perdizione, questa volta definitiva (il suicidio dopo l'uscita dal coma?), "Take the Veil Cerpin Taxt", illuminato anthem dub-punk, canzone più allucinantemente toccante di tutte le sfrontatissime melensaggini alla Elton John o alla Eric Clapton, più sincera ed universale perchè scevra dal fattore Uomo, ma integrata pienamente nel discorso Vita come miscela di emozioni contrastanti, un addio che profuma insieme di "osanna" e di "arrivederci", alternativamente (forsaken,depraved and wrought with fear / who turned it off / the last thing I remember now / who brought me here). In attesa che la band sia in grado di risollevarsi dall'ennesima scomparsa (il tastierista Jeremy Ward è stato stroncato da overdose pochi giorni dopo la fine della registrazione dell'album) per ripresentarsi dal vivo, dopo l'indescrivibile performance milanese dello scorso novembre, ascoltare "De-loused in the Comatorium" assume più che altro il valore di un dovere artistico-morale, un'esperienza inclassificabile, per capire il valore totalmente acronico che la musica è in grado di assumere, in questa catasta di perfetti microcosmi che contribuiscono a fare dell'esordio di Bixler & Co. su lunga gittata il miglior episodio rock dello scorso anno.

 
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Sandoz
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:34




Mescalina


http://www.mescalina.it/musica/recensioni/...sica.php?id=444



CITAZIONE
Articolo di: Christian Verzetti <[email protected]>
I Mars Volta sono nati dalle ceneri degli At The Drive In: per questo c’è chi li odia ritenendoli responsabili della scomparsa di uno dei maggiori gruppi del cosiddetto emo-core americano. La colpa sarebbe da addossare all’ambizioso progetto di una musica libera dalle aspettative di qualunque movimento e di un successo che li aveva portati a registrare per l’etichetta dei Beastie Boys, con la partecipazione di Iggy Pop e la produzione del guru del nu-metal Ross Robinson .
I due superstiti, Cedric Zavala e Omar-Rodriguez Lopez, hanno assoldato qualche nuovo memebro con l’idea di andare oltre quel muro eretto a colpi di hardcore: il cambiamento è netto, anche se già in precedenza se ne poteva scorgere qualche scintilla nella cenere che gli At The drive In lasciavano ai loro piedi. Oggi quelle scintille ardono, sprizzano da un fuoco che brucia alto e imperioso: progressive, psichedelia, ambient e metal.
A produrre c’è Rick Rubin e in studio ci sono Flea e John Frusciante dei Red Hot Chili Peppers, ma quello che è veramente cambiato è l’approccio alla musica. Se gli At the Drive In erano un esplosione di energia, in cui punk e rap venivano incastonati come magli perforanti, i Mars Volta sono un implosione che brulica e sussulta interiormente.
Il disco è un concept ispirato alla morte suicida dell’artista Julio Venegas, di cui vengono narrate le percezioni mentali vissute durante il coma. Anche per via della scomparsa del tastierista Jeremy Ward, questo contesto è stato fagocitato e assimilato dalla band fino a rimetterlo in circolo come sfondo e come materia di ogni brano, con lunghe suite che vanno oltre i sei minuti: i Mars Volta sono oggi in una realtà a sé stante, da collocarsi tra la dimensione dei Tool e quella dei Dream Theater. La voce di Cedric si alza con echi zeppeliniani, mentre la band adotta scale progressive e percussioni, echi ed effetti elettronici, assalti inquietanti e parti melodiche d’atmosfera. Più che l’impatto sonoro, dominante negli At The Drive In, a colpire è la scioltezza con cui i brani si sussegguono, come fossero un corpo unico, spesso improvvisato, quasi un effetto di un’incoscio turbato.
In questo turbamento gli arrangiamenti si muovono in maniera imprevedibile, come in un viaggio verso l’ignoto: per quanto nei momenti più duri il suono sia a tratti disarmonico, gotico e addirittura apocalittico, la furia della band non è mai fine a se stessa, varia di continuo, come una scheggia impazzita, come una mente malata. Non ci sono sfoghi o vie d’uscita: una volta entrati in questo viaggio mentale, si deve proseguire fino in fondo oppure abbandonare tutto per sempre.
I Mars Volta sono una band da amare o da odiare: insieme ai Tool e ai System of a Down, tra le migliori sfornate negli ultimi anni dalla fucina del metal. Se al primo disco hanno già la forza di spaccare in due l’opinione di critica e pubblico, la strada che hanno intrapreso potrebbe davvero portare in qualche luogo sconosciuto. Già c’è chi lo chiama post-hardcore, ma non sarà così facile, soprattutto quando saranno usciti dal coma.

 
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Walkabout
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:37




Kronic


http://www.kronic.it/artGet.aspx?aID=2&sID=8335



CITAZIONE
di Riccardo Osti

Cerpin Taxt, questo sconosciuto...!
É incredibile come certe convinzioni in apparenza radicate possano essere confutate dopo poche note che escono dalle casse di uno stereo. Onestamente pensavo che quest’anno sarebbe stato difficile affiancare lavori come quelli di King Crimson e Radiohead ma ci hanno pensato i Mars Volta a farmi cambiare idea con un album d’esordio stupefacente. La band degli ex- At The Drive-In Omar Alfredo Rodriguez-Lopez e Cedric Bixlea Zavala, dopo l’EP “Tremulant” dello scorso anno, ha costruito un lavoro mostruoso in cui il rock affronta connotazioni nuove che nascono dalla combinazione di rivoluzionarie innovazioni del passato, dalla psichedelia dei Pink Floyd all’hard elegante degli Zeppelin, dai turbinanti ritmi caraibici di Santana all’eclettismo sonoro dei King Crimson, il tutto riletto in chiave sonora all’avanguardia coi tempi.

“De-loused in the comatorium” è tutto questo e di più. È un concept in cui il protagonista (tale Cerpin Taxt), in coma profondo, affronta un viaggio nell’universo del proprio subconscio. È una prova di eccezionale bravura di Omar, erede della genialità di Syd Barrett e Robert Fripp e di Cedric, cantante estremamente poliedrico, dotato di una spaventosa estensione vocale. È la affermazione di musicisti eccellenti come il funambolico drummer Jon Theodore e il compianto Jeremy Michael Ward, scomparso recentemente. Infine, è un’ulteriore prova di grande fiuto e bravura del produttore Rick Rubin che ha saputo valorizzare sapientemente le sonorità prodotte da questi nuovi genialoidi del rock.

E le canzoni, direte voi? Ah, bè… C’è un po’ di tutto! Dall’alternanza di toni serrati con momenti psichedelici di “Inertiatic ESP” alle atmosfere che sanno di hardcore e Radiohead di “Roulette dares”; dall’approccio zeppelliniano travestito da Santana di “Drunkship of lanterns” a “Eriatarka” dal vago gusto di Voivod con contorno di Red Hot Chili Peppers (d’altronde è nota l’amicizia e la collaborazione di Flea con la band); dal pièce de résistance “Cicatriz ESP” in cui è presente l’intero campionario di stili elaborati dal gruppo e che sfocia in un lungo break centrale che ricorda “Soul sacrifice”, alla finale “Take the veil Cerpin Taxt”, che addiziona ai Queens Of The Stone Age più tosti una bella dose di acido lisergico.

Non ci avete capito molto? Consolatevi, è normale visto che questo non è un album che va descritto a parole ma ascoltato al fine di essere trascinati verso i più remoti confini della musica rock, territori avvistati da pochi ed esplorati da pochissimi. I Mars Volta li hanno raggiunti: non vi andrebbe di seguirli?

 
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Sandoz
CAT_IMG Posted on 5/7/2006, 22:40




Occhiaperti


http://www.occhiaperti.net/index.phtml?id=1055



CITAZIONE
Un viaggio fantascientifico

Nonostante sia stato stroncato dalla critica (Blow Up gli ha scaraventato addosso uno “0” come voto suscitando lettere di protesta da parte dei lettori della rivista) trovo questo album molto interessante. Nasce da due ex At The Drive-In ovvero Omar A Rodruguez-Lopez (alla chitarra) e Cedric Bixler Zavala (voce) con la collaborazione, tra gli altri, di Flea dei Red Hot Chili Peppers ai quali il gruppo ha fatto da spalla durante il tour. De-Loused In The Comatorium è figlio dell’improvvisazione. L’idea è quella di un viaggio fantastico-fantascientifico basato sulla vita di un amico del gruppo, Julio Venegas, durante il coma. E’ sapiente commistione di generi, (sono stati definiti Punk Floyd): l’energia rabbiosa del punk e dell’hard-core (inertiatic esp)e la maestrìa strumentale e vocale del rock Led Zeppeliniano lasciano il posto a brani che sfociano nel free-jazz, amalgamando il tutto in un vortice veloce e psichedelico. E’ un album pulsante e barocco, pomposo ma non noioso, scorre, anzi, conduce per mano, dall’inizio alla fine grazie voce stridula, sofferente e dolcemente altalenante (roulette dares (the hount of))di Cedric Bixler. Meraviglioso il brano a tratti un po’ prog cicatriz esp, incalzante il ritmo di tira me las aranas (la mia preferita assieme alla successiva, drunkship of lanternus che suona come un sospiro malinconico che cresce per diventare rabbia), chitarra distorta ma potentissima per this apparatus must be unearthed che vanta un finale strepitoso; con televators si riprende fiato e si versa una lacrima preparandosi al gran finale take the veil cerpin taxt con presenta un brano strumentale che intreccia parti “robotiche” ad altre più corpose di simbiosi musicista-strumento. Mi hanno ricordato i Muse per il suono pomposo ma anche i grandissimi A Perfect Circle per le atmosfere a tratti un po’ cupe. Andate a dare un’occhiata al sito www.marsvolta.net!

 
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20 replies since 5/7/2006, 20:11   230 views
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