Epifisi, melatonina e “terzo occhio”L’epìfisi (o ghiandola pineale) è un piccolo organo, a forma di pigna (da cui il nome), di circa 8 millimetri di lunghezza e di 150 milligrammi di peso, situato al centro dell’encefalo, fra i due emisferi. La possiamo localizzare tracciando una retta che, partendo dalla radice del naso, attraversa la fronte e s’incrocia con una seconda linea, tracciata a partire dall’orecchio esterno. E’ singolare il fatto che numerosi protagonisti di “incontri ravvicinati” di 3° e 4° tipo, secondo la classificazione dell’astrofisico J.A.Hynek, sottoposti a radiografie del cranio per i motivi più svariati, hanno evidenziato “impianti” di natura sconosciuta (microchips) in corrispondenza della radice del naso.
Fin dai tempi di Aristotele (384 – 322 a.C.) questo minuscolo ed apparentemente insignificante organo è stato oggetto di curiosa attenzione nella storia della medicina. L’esatta natura ed il suo significato, tuttavia, restano tuttora in gran parte sconosciuti. Molti tentativi sono stati fatti per identificare in essa una formazione dotata di funzione endòcrina specifica, ma sia le ricerche sperimentali che quelle cliniche non hanno ancora fornito dati sicuri; è forse per questo motivo che lo studio della straordinaria ghiandola è stato accantonato e trascurato per molto, troppo tempo. I mistici, i sensitivi e tutti quei soggetti dotati spontaneamente di facoltà paranormali (i quali, forse, albergano inconsciamente un’elevata capacità di secrezione melatoninica) hanno da sempre identificato la ghiandola pineale con il cosiddetto
“terzo occhio”, in cui
René Descartes (Cartesio), in epoca pre-illuministica, poneva la “sede dell’anima”. I paleontologi, ricostruendo il percorso evoluzionistico degli animali, hanno accertato che l’epìfisi nei vertebrati inferiori costituiva una sorta di “occhio termico”, sensibile alla luce ed al calore (qualcosa di simile è rimasto - occhio mediano o pineale - nelle lamprede).
Si tratterebbe quindi d’un “orologio biologico”, controllato dalla luce, che lega l’organismo all’ambiente: in altre parole, la ghiandola consentirebbe all’organismo stesso di sopravvivere in ambienti diversi,
modificandone le funzioni in rapporto alle condizioni circostanti; garantirebbe in fondo la sopravvivenza.
Quella, in particolare, dei presunti “addotti”, catapultati loro malgrado in una dimensione dai canoni non coincidenti con quelli vigenti sul nostro pianeta ? La domanda ci sembra pertinente, anche se, almeno per il momento, è destinata a non ottenere risposta…
Attualmente le si vuole comunque attribuire un’influenza diretta sullo sviluppo psico-fisico dell’Uomo, attraverso una sua secrezione ormonale: la melatonina.
La melatonina, chimicamente, è un derivato dell’indolo e viene sintetizzata nell’epìfisi a partire dalla serotonina (di entrambi questi precursori ci siamo già occupati nei lavori citati in precedenza).
E’ immessa in circolo in modo ritmico in funzione dell’alternanza luce-buio e la sua concentrazione, in tutti i mammiferi, è più elevata nelle ore notturne che in quelle diurne. Risulta pertanto un "sincronizzatore circadiano”, in grado, fra l’altro, di minimizzare gli effetti perturbativi conseguenti al repentino cambiamento di fuso orario. Si è anche dimostrata capace di svolgere un’azione protettiva nei confronti dei radicali liberi, per cui le è stato conferito il ruolo di “detossificante naturale”. Alcuni ricercatori avrebbero inoltre individuato in essa spiccate proprietà, tipiche dei neurotrasmettitori, quali l’influenza sul ciclo veglia-sonno, sulle reattività comportamentali, sulla regolazione immunologica dell’attività antitumorale, sulla termoregolazione e sulla senescenza cellulare.
Indubbiamente gli studi sulla melatonina riserveranno ancora molte sorprese: proprio per questo essa continua a suscitare crescente interesse in campo medico e farmacologico. Oggigiorno, tuttavia, le preparazioni in commercio a base di melatonina risultano per lo più sottodosate, per cui, se da un lato ciò assicura l’assenza di effetti collaterali indesiderati, dall’altro non dovrebbe consentire di ottenere nulla di più che la regolazione del ciclo sonno-veglia. Ma alcuni ricercatori si spingono oltre, fino a sostenere che l’assunzione regolare e prolungata di opportune dosi di melatonina possa consentire l’accesso ad uno stato alterato di coscienza, la cosiddetta “coscienza superiore” o “coscienza espansa”, riscontrata e riscontrabile
fisiologicamente negli individui soggetti a “trance” (dal latino transìre = andare oltre ) od “estasi mistica”.
La produzione di melatonina, come nel caso delle endorfine, è inversamente proporzionale all’età: è massima nell’infanzia, ha una flessione nell’adolescenza e decresce sensibilmente con la vecchiaia; per esemplificare, intorno ai 45 anni già si riduce della metà. Anche questo fattore potrebbe supportare il dato di fatto, secondo cui la stragrande maggioranza di coloro che asseriscono d’esser entrati in contatto “de visu” con intelligenze aliene rientra in una fascia d’età assolutamente giovanile; la qual cosa, tuttavia, ha come rovescio della medaglia la scarsa credibilità e considerazione che tali testimoni riescono ad ottenere dagli adulti, in virtù della “fantasticheria” propria dell’età.
Occorre non confondere, vista l’assonanza, la melanina con la melatonina; la prima, infatti, è un pigmento bruno, prodotto da specifiche cellule epiteliali (melanociti) ed è stimolato dall’esposizione alle radiazioni solari o artificiali (abbronzatura), mentre la seconda si comporta al contrario: schiarisce la pelle (negli anfibi), viene inibita dalla luce e stimolata dall’oscurità e pertanto la sua produzione avviene in massima parte di notte (fra l’una e le cinque, come per le endorfine), allorché la luce non interagisce con i fotorecettori retinici.
CITAZIONE
UNA PRECISAZIONE
I mediatori chimici neuro-ormonali a produzione endògena (cui appartengono la melatonina e quelli citati in apertura) non sono allucinogeni. Si definiscono allucinogene, infatti, quelle sostanze (comunemente definite “droghe”, quasi tutte di origine vegetale ed oggi largamente sintetizzate) che determinano nel soggetto una condizione patologica, devastante ed alla lunga irreversibile, che si esplica con la percezione modificata della realtà. Di grande aiuto per l’interpretazione dell’attività dei neuropeptidi, si è rivelata proprio la comprensione del meccanismo d’azione degli allucinogeni, che hanno avuto nella storia dell’umanità un’indiscutibile importanza nell’espansione della coscienza. Questo ha fatto comprendere ai
neuroendocrinologi che nel sistema nervoso centrale dell’uomo esistono, in siti specifici, recettori e molecole atti all’espansione della coscienza, qualora vengano a contatto con sostanze psichedeliche. Esistono tuttavia altre sostanze, ugualmente naturali ma prodotte spontaneamente dalle strutture encefaliche, che interagiscono con gli stessi recettori d’ancoraggio degli allucinogeni introdotti dall’esterno: queste sostanze sono costituite per l’appunto dai neuropeptidi.
La definizione “stato alterato di coscienza” sta ad indicare non una patologia, bensì una condizione transitoria in cui viene a trovarsi la psiche del soggetto. Soggetto non succube dell’effetto di droghe (naturali o sintetiche), ma che, mediante l’incremento temporaneo della produzione autonoma di neuro-ormoni, riesce ad “amplificare” la gamma delle proprie facoltà percettive dimensionali: un po’ come se ad un televisore si consentisse di ricevere ulteriori frequenze… La "Coscienza”, infatti, viene intesa come la “facoltà di percepire il significato di un’informazione”; le informazioni creano la coscienza e l’alimentano. A sua volta la coscienza filtra le informazioni, le elabora e le confronta col data-base in suo possesso per giungere all’identificazione.
Renè Descartes, la ghiandola pineale ed il Terzo OcchioCITAZIONE
Renè Descartes, Le passioni dell'anima, Parte prima, articoli 31, 32
Articolo 31.
C'è nel cervello una piccola ghiandola in cui l'anima esercita le sue funzioni piú specificamente che non nelle altre parti.
Occorre pur sapere che, per quanto l'anima sia congiunta a tutto il corpo, c'è tuttavia in questo qualche parte in cui essa esercita le sue funzioni in modo piú specifico che in tutte le altre; e si crede comunemente che tale parte sia il cervello, o forse il cuore: il cervello, perché con esso sono collegati gli organi di senso; il cuore perché ci sembra di sentire in esso le passioni. Ma esaminando la cosa con cura, mi sembra di aver stabilito con evidenza che la parte del corpo in cui l'anima esercita immediatamente le sue funzioni non è affatto il cuore, e nemmeno tutto il cervello, ma solo la parte piú interna di esso, che è una certa ghiandola molto piccola, situata in mezzo alla sua sostanza, e sospesa sopra il condotto attraverso cui gli spiriti delle cavità anteriori comunicano con quelli delle posteriori, in modo tale che i suoi piú lievi movimenti possono mutare molto il corso degli spiriti, mentre inversamente, i minimi mutamenti nel corso degli spiriti possono portare grandi cambiamenti nei movimenti di questa ghiandola.
Articolo 32.
Come si vede che questa ghiandola è la principale sede dell'anima.
Mi sono convinto che l'anima non può avere in tutto il corpo altra localizzazione all'infuori di questa ghiandola, in cui esercita immediatamente le sue funzioni, perché ho osservato che tutte le altre parti del nostro cervello sono doppie, a quel modo stesso che abbiamo due occhi, due mani, due orecchi, come, infine, sono doppi tutti gli organi dei nostri sensi esterni. Ora, poiché abbiamo d'una cosa, in un certo momento, un solo e semplice pensiero, bisogna di necessità che ci sia qualche luogo in cui le due immagini provenienti dai due occhi, o altre duplici impressioni provenienti dallo stesso oggetto attraverso gli organi duplici degli altri sensi, si possano unificare prima di giungere all'anima, in modo che non le siano rappresentati due oggetti invece di uno: e si può agevolmente concepire che queste immagini, o altre impressioni, si riuniscano in questa ghiandola per mezzo degli spiriti che riempiono le cavità del cervello; non c'è infatti nessun altro luogo del corpo dove esse possano esser cosí riunite, se la riunione non è avvenuta in questa ghiandola.
(R. Descartes, Opere, Laterza, Bari, 1967, vol. II, pagg. 420-421)